Il consenso alla vaccinazione anti- covid 19 per i soggetti incapaci ricoverati nelle strutture di Cura e Assistenza

20/12/2021

Il consenso alla vaccinazione anti- covid 19 per i soggetti incapaci ricoverati nelle strutture di cura e assistenza

L’art. 1 quinquies del D.L. 172/2020, convertito con modifiche nella L. 29/01/2021 n.6, detta disposizioni specifiche in ordine alla manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti- Covid 19 per i soggetti incapaci ricoverati presso le “strutture sanitarie assistenziali, comunque denominate”.

1.  Le strutture sanitarie assistenziali.

Con questa espressione il legislatore si riferisce innanzi tutto alle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), cioè alle strutture sociosanitarie residenziali dedicate agli anziani non autosufficienti e agli adulti disabili, che necessitano di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa continuative.

L’ampiezza della espressione utilizzata e le esigenze di protezione perseguite inducono tuttavia a includere nella previsione qualunque altro luogo di cura o di accoglienza, compresi gli ospedali e le strutture psichiatriche di lungodegenza.

2. Chi esprime il consenso alla vaccinazione anti- Covid 19 per i soggetti incapaci ricoverati?

La risposta al quesito richiede la distinzione tra incapaci sottoposti a protezione istituzionale e incapaci naturali, cioè tra soggetti incapaci di intendere e di volere dotati di tutore, curatore, Amministratore di Sostegno (AdS) o fiduciario nominato ai sensi della normativa in materia di DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento) e soggetti che, seppure privi della capacità di intendere e di volere, sono sforniti di protezione istituzionale.

3. Incapaci sottoposti a protezione istituzionale.

Se la persona ricoverata è un interdetto, un inabilitato, un soggetto sottoposto ad AdS o che aveva in precedenza nominato un fiduciario nelle proprie DAT, il consenso al trattamento vaccinale sarà espresso, rispettivamente, dal tutore, dal curatore, dall’amministratore di sostegno o dal fiduciario nominato nelle DAT.

La manifestazione del consenso da parte dei soggetti sopra indicati dovrà comunque osservare le modalità e le finalità indicate dalla legge in materia di consenso informato (L. 219/2017, art. 3), dovrà rispettare l’eventuale volontà già espressa nelle DAT dall’interessato e infine non potrà contrastare la volontà che la persona avrebbe presumibilmente espresso, ove capace di intendere e di volere.

Occorre porre attenzione al fatto che la manifestazione del consenso alla vaccinazione da parte dell’AdS, secondo l’interpretazione ad oggi prevalente, presuppone l’esistenza di una specifica delega in materia sanitaria formalizzata dall’autorità giudiziaria e contenuta nel decreto di nomina. 

4. Incapaci naturali.

Per i ricoverati privi della capacità di intendere e di volere, che non sono stati interdetti, né inabilitati, che non sono sottoposi ad amministrazione di sostegno e che sono sforniti di fiduciario nominato nelle DAT, il consenso alla vaccinazione è espresso dal direttore sanitario della struttura o, in difetto, dal responsabile medico della stessa o, in mancanza, dal direttore sanitario della Asl territorialmente competente o da un suo delegato.

Queste figure di area medica assumono il ruolo di amministratore di sostegno dell’incapace al solo fine della prestazione del consenso alla vaccinazione anti – Covid 19 (e ai successivi richiami vaccinali) e per un tempo limitato all’esaurimento della procedura di prestazione del consenso prevista dalla legge, che, nelle ipotesi più complesse non può superare le 96 ore dalla comunicazione del consenso al Giudice Tutelare per la convalida (ove richiesta).

Il responsabile sanitario che assume il ruolo di AdS è preliminarmente tenuto a una serie di verifiche:

– deve accertare lo stato di incapacità di intendere e di volere del ricoverato. Di tale verifica deve dare atto per iscritto in apposito documento;

– deve verificare che l’incapace si privo di tutore, curatore, amministratore di sostegno o che gli stessi, se presenti, non siano in alcun modo reperibili entro le successive 48 ore. Delle ricerche svolte il sanitario deve dare atto per iscritto;

– deve accertare che il trattamento vaccinale è idoneo ad assicurare la migliore tutela della salute della persona ricoverata (tenuto anche conto del trattamento farmacologico in atto);

– deve sentire, quando già noti, il coniuge, il convivente, l’unito civilmente o, in mancanza, il parente più prossimo entro il terzo grado.

Espletate tutte queste verifiche e acquisito il consenso dei familiari alla vaccinazione, il sanitario esprime in forma scritta il consenso al trattamento anti – Covid 19 e sottoscrive il relativo modulo, che andrà comunicato al dipartimento di prevenzione sanitaria competente per territorio affinchè si proceda alla vaccinazione dell’ospite.

Il consenso espresso dal responsabile sanitario, se conforme a quello dei familiari è immediatamente e definitivamente efficace.

La mancata adesione dei familiari alla proposta vaccinale avanzata dal responsabile sanitario comporta la possibilità che quest’ultimo si rivolga al Giudice Tutelare per ottenere l’autorizzazione alla vaccinazione.

Il dissenso tra più familiari dello stesso grado (ad es. tra più figli) si ritiene equivalente alla ipotesi di mancata adesione, con conseguente possibilità per il responsabile sanitario di rivolgersi al Giudice Tutelare per ottenere, parimenti, l’autorizzazione alla vaccinazione.

In caso di irreperibilità dei familiari indicati dal legislatore o di loro indisponibilità ad esprimersi in merito alla richiesta di vaccinazione, il responsabile sanitario provvederà comunque a formalizzare e sottoscrivere il consenso alla vaccinazione, salvo doversi poi rivolgere al Giudice Tutelare per ottenerne la convalida.

Il Giudice Tutelare è tenuto ad esprimersi nelle 48 ore successive al ricevimento degli atti, convalidando il consenso già espresso dal sanitario o negando la convalida.

Nelle ulteriori, successive, 48 ore, il provvedimento del Giudice tutelare è comunicato all’interessato.

La mancata comunicazione all’interessato del provvedimento, nei termini previsti, vale come silenzio assenso: il consenso espresso dal responsabile sanitario si considera a ogni effetto convalidato e acquista definitiva efficacia ai fini della somministrazione del vaccino.

È prevista cioè un’ipotesi di silenzio assenso, che tradisce un evidente favore del legislatore per la somministrazione del vaccino.

5. Il caso del medico che si rifiuta di far vaccinare un ospite della struttura.

In caso di rifiuto della somministrazione del vaccino o del relativo consenso da parte del responsabile sanitario, il coniuge, l’altra parte dell’unione civile, la persona stabilmente convivente e i parenti fino al terzo grado possono ricorrere al Giudice Tutelare affinchè disponga la sottoposizione al trattamento vaccinale.

Le disposizioni legislative sopra descritte hanno inteso scongiurare l’aumento esponenziale del numero dei ricorsi per nomina di amministratori di sostegno per gli ospiti incapaci, che si sarebbe verificato in applicazione delle regole ordinarie, con conseguente appesantimento del sistema giudiziario. 

Esse tradiscono un evidente favore per la somministrazione vaccinale là dove circoscrivono gli obblighi di comunicazione del personale sanitario con le figure parentali e legali di riferimento, contattate solo se “già note” o reperibili nell’arco di 48 ore, prevedendo altresì un’ipotesi di silenzio assenso che rende la convalida del giudice tutelare, un provvedimento automatico ove nessuna comunicazione pervenga all’interessato nel lasso di tempo prescritto (48 ore + 48 ore).