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Maternità surrogata: di cosa si tratta?

25/10/2021

Maternità surrogata: di cosa si tratta?

Si parla di maternità surrogata o gestazione per altri (GPA) quando una coppia perfeziona un accordo con una donna affinchè quest’ultima si sottoponga a procreazione medicalmente assistita (PMA), porti avanti una gravidanza e partorisca un bambino con l’intesa che lo stesso sarà riconosciuto come figlio della coppia che ha richiesto la gestazione.

La surrogazione di maternità può realizzarsi con gameti provenienti dai genitori “committenti”, che in tal caso presenteranno entrambi legami genetici con il nato, oppure con gameti provenienti, uno dalla coppia e l’altro da un terzo, ovvero, uno dalla gestante e l’altro dalla coppia o da un terzo.

L’accordo

L’accordo implica che la gestante rinunci a riconoscere il bambino come proprio.

Ciascuno dei membri della coppia “committente” acquisterà i diritti e i poteri che la legge riserva ai genitori nei confronti dei figli e assumerà obblighi e doveri corrispondenti. 

Il nascituro conseguirà lo stato di figlio dei genitori che hanno voluto la gestazione.

L’accordo può essere a titolo oneroso, quando la donna riceve un compenso dai genitori del nascituro, oppure può avere carattere solidaristico e prevedere solo il rimborso delle spese mediche sostenute per la gestazione e il parto.

L’accordo è valido?

In Italia, come nella maggior parte dei paesi Europei, la maternità surrogata è vietata, a prescindere dalla sua qualificazione come altruistica o commerciale.

Per la legge italiana l’accordo di maternità surrogata è nullo per illiceità della causa e dell’oggetto del contratto e per violazione dell’art. 5 c.c. che vieta gli atti di disposizione del proprio corpo contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.

La surrogazione di maternità è inoltre sanzionata penalmente all’art. 12, comma 6, della Legge n. 40/2004, che punisce “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità”.

La legge lascia, tuttavia, irrisolte molte questioni tra le quali quella relativa a come disciplinare le situazioni in cui un bambino è già nato, in violazione del divieto, in paesi che ammettono la gestazione per altri (ad esempio, il Canada).

In questi casi sono i giudici ad essere chiamati a sopperire in via interpretativa alla mancanza di previsioni specifiche in ordine ai diritti del nato e alla conservazione o meno, in Italia, dello stato di filiazione legittimamente acquisito all’estero.

Casistica giurisprudenziale: coppie omoaffettive e maternità surrogata.

L’analisi della casistica giurisprudenziale rivela che il tema della maternità surrogata è spesso connesso con quello della omoaffettività maschile. 

La maggior parte delle sentenze che si sono di recente occupate della maternità surrogata riguarda coppie maschili di cittadini italiani, uniti civilmente, che hanno fatto ricorso all’estero alla maternità surrogata, con fecondazione avvenuta tra l’ovocita di una donatrice anonima e i gameti di uno dei due membri della coppia, con successivo impianto dell’embrione nell’utero di una seconda donna, che porta a termine la gravidanza.

Lo snodo cruciale è rappresentato dalla riconoscibilità in Italia di atti di nascita e di provvedimenti giurisdizionali esteri che attestano l’esistenza di un vincolo di filiazione formatosi in esito all’utilizzo della gestazione per altri. 

In particolare, è in discussione il vincolo di filiazione esistente tra il bambino e il partner privo di legami genetici o biologici con il nato.

Cosa dice la giurisprudenza della Cassazione?

La giurisprudenza di legittimità (Cass. SSUU n. 12193/2019) ha escluso la possibilità di riconoscere il legame di filiazione esistente tra il bambino nato da GPA e il genitore col quale non esiste alcun legame genetico.

Ciò risulterebbe, infatti, in contrasto con il divieto di maternità surrogata stabilito dalla legge italiana (art. 12 L. 40/2004) e costituente un principio di ordine pubblico, posto a tutela di valori fondamentali, quali quello rappresentato dalla tutela della dignità umana della gestante e dall’istituto della adozione.

Si è ritenuto che la protezione di tali valori debba prevalere sull’interesse del minore alla conservazione dello stato di figlio legittimamente acquistato all’estero.

Residuerebbe la possibilità di valorizzare il legame familiare e affettivo creatosi con il genitore sociale attraverso l’adozione in casi particolari prevista dall’art. 44, primo comma, lett. d), L. 184/1983.

Diritti dei minori nati in coppie omogenitoriali

Si può notare come la soluzione adottata dalla Cassazione offra una tutela dimezzata ai minori nati, attraverso PMA, in contesti omogenitoriali maschili: ad essi, infatti, viene negato un diritto pieno alla bigenitorialità. 

I figli della coppia gay avrebbero accesso, quanto meno nel rapporto con uno dei padri, al solo stato di figli adottivi (per giunta con adozione in casi particolari), a differenza dei figli della coppia same sex femminile, procreati mediante PMA, ai quali viene ormai pacificamente riconosciuto lo stato di figli di entrambe le donne e la conseguente trascrivibilità degli atti di nascita formati all’estero, anche laddove una delle due madri sia priva di legami genetici con il nato (Cass. n. 14878/2021).

Ciò in ragione della fisiologica necessità della coppia maschile di accedere alla maternità surrogata per poter realizzare un progetto di genitorialità.

Il tutto con una evidente disparità di trattamento legata al genere.

È appena il caso di osservare, inoltre, che l’adozione in casi particolari, suggerita come rimedio alla mancata instaurazione di un legame di filiazione pieno presenta diversi svantaggi: richiede il consenso del genitore biologico, in alcuni casi può essere revocata e non crea legami parentali con i congiunti dell’adottante, escludendo il diritto a succedere nei loro confronti.

Essa, pertanto non realizza una tutela del minore equiparabile al riconoscimento pieno dello stato di filiazione.

La svolta: la sentenza n. 33/2021 della Corte Costituzionale.

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 33 del 09.03.2021 ha deciso la questione di legittimità costituzionale riguardante l’impossibilità di riconoscere in Italia una sentenza straniera che attribuisce lo stato di genitori a due uomini italiani uniti civilmente che abbiano fatto ricorso all’estero alla maternità surrogata.

La Corte ha dichiarato la questione inammissibile ma ha sollecitato un intervento del legislatore per ovviare all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore nato da maternità surrogata, nel contesto del difficile bilanciamento tra l’esigenza legittima di scoraggiare il ricorso alla pratica della GPA e l’imprescindibile necessità di assicurare il rispetto dei diritti dei minori.

In particolare la Corte Costituzionale ha rilevato che l’adozione in casi particolari non è uno strumento di tutela del minore nato da maternità surrogata idoneo e rapido ed è in quanto tale incompatibile con i principi costituzionali (artt. 2 e 30 Cost.) e con l’art. 8 della CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo), nella parte in cui sancisce il diritto di ogni persona al rispetto della propria vita privata e familiare.

Le ultime pronunce della giurisprudenza di merito.

Sulla base della sentenza n. 33/2021 della Corte Costituzionale la giurisprudenza di merito si sta orientando, in contrasto con la pronuncia di Cass. SSUU n. 12193/2019, nell’ammettere, anche per le coppie omogenitoriali maschili, la possibilità di accedere alla trascrizione dell’atto di nascita del nato da maternità surrogata all’estero in quanto tale trascrizione viene considerata, in attesa di un intervento legislativo, l’unico strumento efficace di tutela per il minore oggi disponibile all’interno dell’ordinamento.

Essa sarebbe infatti in grado di assicurare il riconoscimento giuridico del legame di fatto esistente tra i minori e coloro che ne hanno voluto la nascita, che si occupano di loro sotto il profilo morale e materiale e che costituiscono uno stabile riferimento affettivo nell’ambito del medesimo nucleo familiare.

Il tutto in un’ottica marcatamente rivolta a “garantire i diritti dei minori coinvolti, soggetti certamente “incolpevoli” rispetto alle scelte operate da coloro che hanno contribuito alla loro nascita, anche quando dette condotte integrino un illecito amministrativo o addirittura penale” (Tribunale di Milano, decreto del 23.09.20211).

1 https://www.retelenford.it/wp-content/uploads/2021/11/Decr.-Trib.-Mi.-23.9.2021-anonimizzato.pdf