In data 9 marzo 2021 è stata depositata la sentenza n. 32 della Corte Costituzionale che ha deciso la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Padova con riguardo al vuoto di tutela che le norme attualmente vigenti in materia di procreazione medicalmente assistita (artt. 8 e 9 L.40/04)) e di riconoscimento dello stato di filiazione (art. 250 c.c.) determinano in caso di nati da un progetto condiviso di PMA praticata all’estero da due donne.
Il caso riguardava la nascita di due bambine, concepite all’estero tramite fecondazione eterologa, sulla base del consenso prestato dalla madre biologica e dalla madre intenzionale, all’epoca del concepimento, unite da una relazione sentimentale.
Le minori nascevano in Italia e in occasione della nascita venivano registrate come figlie della sola madre biologica. Le due donne convivevano, anche dopo la nascita delle bambine, con coinvolgimento di entrambe nei compiti di cura, educazione e crescita delle minori. Successivamente la relazione affettiva si interrompeva e la madre biologica impediva ogni rapporto tra le figlie e la madre intenzionale, negando il proprio assenso al riconoscimento e all’adozione delle stesse da parte di quest’ultima.
La Corte ha dichiarato la questione inammissibile, spettando al legislatore individuare, in una materia eticamente sensibile, “un ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti, nel rispetto della dignità della persona umana”.
Nel ribadire che nel nostro ordinamento non sussiste un divieto costituzionale per le coppie omosessuali di accogliere figli, pur spettando alla discrezionalità del legislatore la relativa disciplina, la Corte ha indicato, in via esemplificativa, gli ambiti di un possibile intervento normativo: la riscrittura delle previsioni in materia di riconoscimento dello stato di filiazione e l’introduzione di una nuova tipologia di adozione che attribuisca con una procedura tempestiva ed efficace la pienezza dei diritti connessi alla filiazione.
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