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Procreazione medicalmente assistita: quante madri per un figlio?

07/11/2021

Procreazione medicalmente assistita: quante madri per un figlio?

Sono sempre più numerose le storie di donne italiane, unite tra loro civilmente o conviventi che, perseguendo un proprio progetto di vita familiare, fanno ricorso in uno stato estero a un programma di procreazione medicalmente assistita (PMA).

La scelta di ricorrere a strutture mediche estere che attuano la maternità individuale pianificata, è motivata dal divieto, sancito dalla legge italiana per le coppie same sex (L. 40/2004), di accedere ai programmi di PMA.

Quale legame materno: biologico, genetico o sociale?

Può accadere che entrambe le donne che realizzano all’estero un programma di PMA instaurino un legame, genetico o biologico, con il nato: una lo partorisce (madre biologica), l’altra dona gli ovuli necessari per il concepimento (madre genetica). Il donatore del seme rimane anonimo.

Può anche verificarsi che solo una donna della coppia sia legata (biologicamente e/o geneticamente) al nuovo nato: la madre biologica lo partorisce, a seguito di una tecnica di procreazione medicalmente assistita e l’altra (madre sociale), si limita ad esprimere il proprio consenso al progetto genitoriale, sviluppando un legame affettivo e sociale col bambino, senza alcuna trasmissione del patrimonio genetico. 

Cosa riporta l’atto di nascita redatto all’estero?

In caso di concepimento mediante PMA, deciso da una coppia italiana femminile, è frequente che il bambino, oltre che concepito, venga anche fatto nascere all’estero, ove, conformemente alla legislazione locale, è formato un valido atto di nascita, che riporta come genitori i nomi di entrambe le donne.

Il figlio acquista il cognome di entrambi i membri della coppia.

Le due donne, una volta rientrate in Italia, chiederanno all’Ufficiale di Stato civile del Comune di residenza di trascrivere nei registri di stato civile italiani il certificato di nascita rilasciato all’estero.

È trascrivibile in Italia un atto di nascita in cui i genitori sono due donne?

La risposta è, secondo la giurisprudenza, affermativa (Cass. 19599/2016 e Cass. 14878/2017).

La prospettiva nella quale i giudici si muovono non è quella dei diritti della coppia genitoriale, ma quella dei diritti del nato nei confronti degli adulti che si sono liberamente impegnati ad accoglierlo.

Dalla scelta degli adulti di ricorrere a una pratica fecondativa non ammessa in Italia non possono pertanto derivare conseguenze sfavorevoli per il bambino.

Le obiezioni legate alla violazione del principio di ordine pubblico.

La norma di legge (art. 5, L.40/2004) che vieta a due donne l’accesso in Italia alle tecniche di PMA non sarebbe, pertanto, espressione di un principio inderogabile di ordine pubblico: essa rappresenterebbe piuttosto il risultato di una scelta discrezionale del legislatore in una materia eticamente sensibile, che non può tuttavia contraddire il nucleo essenziale dei valori espressi dal nostro ordinamento e dal diritto internazionale.

Si tratta dei diritti fondamentali dell’uomo desumibili dalla Costituzione, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e da altre convenzioni internazionali.

Tra essi figura il diritto del minore a una relazione di genitorialità certa, alla propria identità personale e sociale, al mantenimento del contesto affettivo e familiare in cui è nato e alla conservazione dello stato di figlio, legittimamente acquisito in uno stato straniero.

Il preminente interesse del minore (cd. best interest of the child) diviene così per la giurisprudenza lo strumento attraverso il quale riconoscere l’esistenza di un vincolo di filiazione, non solo con la gestante (che è madre a tutti gli effetti), ma anche con chi, d’accordo con lei, ha voluto la nascita del bambino, sia essa, o meno, dotata di legame genetico con il nato (Cass. 14878/2017).

È appena il caso di osservare che il riconoscimento del rapporto di filiazione, legalmente instaurato all’estero, consentirà al bambino di esercitare in base al diritto italiano verso le due madri il diritto di ricevere cura, istruzione ed educazione e determinerà l’acquisto dei diritti ereditari e di relazioni di parentela verso entrambe le donne e i loro rami familiari.